LINO TOSI
GT
Itinerari Resistenza valsesiana: l'alpe Fej
http://www.storia900bivc.it/pagine/itinerari/valsesia5c.html
Il transito della dorsale fu particolarmente frequente soprattutto durante il periodo della pianurizzazione.
Dalla Valsessera, attraverso il Castello di Gavala (m 1.827), i partigiani si portavano prima in Valgrande, poi in Valsermenza e, superato il Pizzo Tracciora, raggiungevano alcune basi in alta Valmastallone.
L'estate del '44 fu decisiva per lo sviluppo della guerra partigiana: dopo la scadenza dei bandi di arruolamento nella Repubblica sociale e l'apertura di nuovi fronti bellici, che richiamarono l'impegno militare tedesco allentandone la pressione sulle regioni alpine, il reclutamento partigiano si intensificò tra giugno e settembre, trasformando radicalmente la fisionomia delle formazioni partigiane ed allargandone il raggio d'azione. Cominciò la fase di trasferimento dei comandi verso la pianura, fenomeno che riguardò anche la brigata "Strisciante Musati", dislocata all'inizio dell'autunno '44 tra le colline di Lozzolo e la baraggia di Rovasenda, che manteneva tuttavia alcuni nuclei di retroguardia sulle montagne valsesiane, allo scopo di conservare piccoli presidi territoriali utili come punto di appoggio in caso di necessità di abbandono delle zone operative, come zona di invio di feriti e convalescenti, come reparti di addestramento e integrazione nella vita partigiana. L'alpe Fej, insieme con altri piccoli alpeggi della zona, era spesso utilizzata come punto d'appoggio per la traversata o come rifugio.
Tra la fine di ottobre e gli inizi di novembre del '44 uno di questi nuclei, composto da una quindicina di uomini, si trovava in questo alpeggio posto lungo uno dei sentieri che mettono in comunicazione la Valsermenza con il territorio di Cervatto, nel quale i partigiani avevano una base in località Taponaccio. Pochi giorni prima gli stessi uomini avevano recuperato e portato a valle, trasportandolo nella neve che era caduta in abbondanza, il corpo del comandante partigiano Martino Giardini "Martin Valanga", uno dei primi partigiani valsesiani, morto nei pressi dell'alpe Tracciora in seguito allo scoppio accidentale di materiale esplosivo che si trovava nel suo zaino. Forse per l'eccessiva pubblicità data al funerale di Martin Valanga, celebrato nella chiesa di Rossa, o forse a causa di una delazione, il 7 novembre del '44, reparti repubblichini piombarono di sorpresa sui partigiani alloggiati nelle baite dell'alpeggio. Due partigiani (tra cui Lino Tosi, l'artista di Varallo che produrrà il bassorilievo commemorativo di Alagna) erano assenti perché in missione. L'imboscata costò ai tredici partigiani rimasti quattro morti e la cattura di sei uomini; tre riuscirono miracolosamente a mettersi in salvo. I corpi dei caduti vennero martoriati e abbandonati tra le fiamme dell'incendio che fu appiccato alle baite; furono raccolti e ricomposti dalla popolazione di Rossa, accorsa per tentare di spegnere le fiamme. Cinque prigionieri furono fucilati qualche ora più tardi, presso il cimitero di Balmuccia; uno di loro, giovanissimo, venne risparmiato grazie all'intercessione del parroco; emigrerà in Svezia dopo la Liberazione e non tornerà mai più in Italia. Le baite dell'alpeggio, che non furono mai restaurate, conservano tuttora le tracce della devastazione. L'episodio è commemorato periodicamente dall'Anpi di Varallo e dal Comune di Rossa.