LINO TOSI
GT
Corriere Valsesiano 2 gennaio 1987
Indagine sulle espressioni artistiche valsesiane
Un grigio inquieto,che tutto cela….
Incontro con il pittore Lino Tosi
Intro con il pittore Lino Tosi
L’eremo di San Pietro, posto quasi a contrafforte di Varallo,nei pressi dell’antico Ponte del Busso,si staglia nitido,con la sua rozza archittettura trecentesca,sull’azzurissimo cielo della mattinata dicembrina; l’aria fredda accentua la purezza dei colori di un ambiente pressocche’ intatto: il fiume,le montagne,la vegetazione;e,lassu’,il Sacro Monte.
Con tanta luce è difficile pensare alla credenza popolare che attribuiva mistero e occultismo alla localita’,per cui di notte—si narra—si stava alla larga da San Pietro,poiche’ si poteva scorgere il tremulo bagliore di un lanternino e udire il tintinnio di una campanella,scossa dai fantasmi degli antichi domenicani,che fin dal 1336,anno di costruzione dell’eremo,avevano abitato queste mura….
Adesso ,fra i ricostruiti colonnati e sulle secolari pietre del piccolo chiostro interno,in un ambiente abbondantemente cosparso di antico e di mistico,incontriamo Lino Tosi, pittore varallese,che in questo luogo incantato ha scelto di vivere.
Qui l’artista ha costruito la sua piena maturita’,d’opera e,soprattutto,di pensiero.<<Era una trincea avanzata del Cristianesimo contro il dilagare dell’eresia—dice con amoroso fervore per il luogo dove abita--;quando venni ad abitare qui era tutto diroccato:oggi si puo’ dire sia stato restituito alla sua fisionomia originale>>.
Lino Tosi ha dedicato molto tempo,energie e risorse al <<suo>> eremo,che abita con orgoglio ma anche con una sorta di timore reverenziale,che comunque onora la sua sensibilita’.
<<L’ambiente mi condiziona—afferma sorridendo--; in questo luogo non è possibile non avvertire la profonda,piena carica di misticismo e di poesia….anche se vi entrasse un bestemmiatore incallito,ne rimmarebbe condizionato….>>.
E’ vero; l’ambiente dove Tosi vive e procede da anni alla sua opera pittorica,tutta istinto e volonta’,quasi una chiara scrittura,che narra’ di dolore e pieta’,di sofferenza fra umano e divino,puo’ condizionare.E magari favorire un migliore esame introspettivo,dell’uomo e del proprio pensiero.
E’ quanto proviamo a ricercare,parlando con questo personaggio,inquietante eppur sereno,tormentato eppur semplicissimo,che occupa un luogo particolare nel panorama artistico valse siano.
Si affretta a dire che ha avuto un esistenza travagliata e difficile; nato e cresciuto in un ambiente semplice e popolare—i suoi genitori avevano un’osteria nei pressi del ponte sul Mastallone,a Varallo—ha ereditato un fare spontaneo ed immediato e una visione dell’esistere piena di aspetti contrastanti: sconfinato amore per il bello e <<taglio>> di disordine alla propria esistenza; spirito sensibile e purissimo e quotidiano lottare,in epoche diverse e con diversi mezzi,per la sopravivenza.Ma,tranquillo,afferma che <<l’anima e la bellezza della vita si scoprono negli ambienti poveri ed in mezzo alle tribolazioni>>.
Per lui nascere a Varallo e’ stata una fortuna poiche’ attribuisce all’ambiente locale la sua formazione d’artista: parla della sua <<Barolo>> e di quel meraviglioso ed impareggiabile maestro che la scuola varallese ebbe in quegli anni: Paolo Manaresi,che insieme a Mazzoli fu creatore di quella << scuola bolognese>> che fece grande la popolarita’ dell’istituzione locale.
Manaresi ,stupendo personaggio dell’arte contemporanea,è stato ,si puo’ affermare serenamente,lo << spirito guida >> di Lino Tosi; con lui si decise infatti a continuare gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna,dove incontro’ (e assimilo’,secondo la sua interpretazione) i geni di Morandi e Drei.
<<Manaresi—sostiene—teneva moltissimo al progresso artistico dei propri allievi….alla sua sensibilita’ ed intelligenza si deve la creazione di tanti talenti….>> e Tosi continua a parlare con veemenza di questo personaggio,dimentico di se stesso,o forse,volutamente,giocando per distogliere l’attenzione su di se’.
Ma non vi riesce ,anche se balza fuori,ogni momento,la sua semplicita’ e il suo innato,indistruttibile riserbo.Non vi riesce poiché di fronte ad uno spirito ricco,perde valore ogni altra cosa.Viene alla mente la natura di Van Gogh, la musica prorompente di Sibelius,dove,in ogni momento,l’anima dell’artista incontra nell’opera materiale,il tormento dell’esistere,vissuto fino in fondo con pensiero profondo,che si fa respiro,affanno,angoscia.
Certo ricorre sovente,forse sempre ,nei suoi quadri,l’angoscia e la tribolazione degli umani fardelli:<<povera materia sono i miei quadri…..non vi e’ forse gioia nelle mie composizioni….pero’,per reazione ,trasporto poi la soddisfatta liberazione,dopo il lavoro,nel mio carattere…..>> e conoscendolo ,il Tosi,personaggio sorridente della societa’ locale,veramente non si potrebbe dire che riesca a dipingere
soltanto i toni grigi della vita.
Ma coglie,da attento e acuto osservatore qual è,questo nostro imbarazzo,che discioglie semplicemente: <<bisogna entrare sotto la crosta del colore e leggere cio’ che si cerca di dire usando un mezzo inadatto….d’altronde ogni mezzo della vita e’ inadatto ad esprimersi>>.
Osserviamo ancora un suo quadro,dove si domina un grigio cupo e dove rigide figure,quasi in stato d’incoscienza,sembrano levare una lamentazione al cielo…. E ci rendiamo conto che,quasi senza volerlo,solo ascoltando il pittore che parla delle sue << creature >>,olii su tela buttati giu’ di getto quasi con rabbia,ci appare un mondo diverso,pieno di policromi sentimenti…..e il grigio si annulla da se’.
Una sensazione,un godimento certo,che sa di magia.
Come magico è in fondo,il mondo dell’arte,che Tosi coltiva con amore senza fine,come l’amore che ha per il Sacro Monte,che fin da bambino lo attraeva al punto tale da fargli marinare la scuola,per poi incollarsi sulle grate delle cappelle,sgranando gli occhi e spalancando,sempre di piu’,il suo cuore d’artista.
Un evoluzione istintiva che non lo ha mai abbandonato,neppure per un istante e nemmeno negli anni difficili,quelli della guerra,che egli ricorda mentre gli brilla un luccichio negli occhi.
Ma Tosi e’ anche artista positivo e concreto,immagine che egli stesso propone mentre parla della sua attivita’ di insegnante,di giorno al Centro Professionale,di sera nella sua amatissima << Barolo >> dove i ricordi dei periodi di formazione con l’onnipresente Paolo Manaresi si fanno vivi sempre piu’,nonostante i tempi mutino le tendenze dell’ arte figurativa.
<< Insegno per passione e per sentirmi vivo; l’attualita’ ha bisogno di essere narrata ed interpretata e l’arte,nelle sue forme,ha i mezzi per farlo >>.
Ancora riconosciamo in Tosi un artista di formazione:consapevole ma schivo,ecco tutto!...anche se non trascura di esprimere la sua ammirazione profonda per i colleghi dell’ambiente valse siano….Zamboni,Giroldi,Reffo….e cita i tanti nomi che costellano il firmamento dell’arte valsesiana,nel quale egli si muove cosi’ personalmente.
Nell’eremo di San Pietro,dove girovagando per i lunghi corridoi a stento riconosciamo l’angolo nascosto e dimesso dove egli lavora,appoggiando candide tele che diventano dopo rapidi tratti, inquiete testimonianze del suo tempo e del suo credo,leggiamo ovunque il suo amore per l’arte.
Le antiche pietre che egli acquista,con cura,sovente sacrificando motivi di miglior benessere,e che poi accomoda nell’ambiente per una << restituzione>> storica dell’eremo ai posteri, o gli oggetti perduti di un antichita’ remota e sfuggente,che quasi sembrano brillare di luce diversa, o le piccole sculture alle quali riallaccia un po’ di passato servendosi delle sue qualita’ scultoree,che tratta con fare naturale ed istintivo,come quella sua pittura senza tempo e senza disegno.
Fra queste cose, e fra queste infinite emozioni,che riescono persino ad annullare la pur latente presenza di quel misticismo monacale di cui e’ ricco l’ambiente,lasciamo al suo lavoro Lino Tosi,consapevoli di aver un poco disturbato,con la nostra curiosita’,una dimensione che non si racconta certo con le parole e per la quale diviene comprensibile anche il piu’ insolito degli atteggiamenti.Comprensione ed incomprensione dipendono,in fondo, da noi stessi e da come ci disponiamo verso il prossimo;fra quella mura infatti tutto diventa chiaro anche cio’che è oscuro all’occhio profano.
Proprieta’ sovramuna dell’eremo,dove ad esempio, Gaudenzio Ferrari,si dice esser stato autore di affreschi illuminati dal sol chiaror della luna,e dove ancora oggi,a conferma delle dichiarazioni del tempo,vive ed opera un artista,in serena armonia con l’Arte stessa,che forse,di notte,assume una sembianza,fra il tremulo bagliore di una lanterna, annunciandosi con una campanella…..
Marco Valle